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campo di grano italiano

Oggi parliamo dell’eterno dilemma tra grano italiano e quello estero.

Dove si nasconde la verità? È vero che per avere un prodotto finale eccellente dobbiamo affidarci esclusivamente alle colture nostrane? Vediamo di fare chiarezza una volta per tutte.

Di sicuro noi italiani siamo titolati a parlare di grano e quindi poi di pasta perché di fatto ad oggi 1 piatto di spaghetti su 4 al mondo e addirittura 3 su 4 in Europa, risulta essere stato prodotto in un pastificio italiano.

Quindi siamo e restiamo ancora tra le super potenze mondiali in fatto di produzione di pasta che, non a caso, è uno dei simboli della nostra cultura e di come veniamo rappresentati all’estero.

Il made in Italy piace tanto, soprattutto nel food e non il successo planetario della nostra pasta riconosciuta come la migliore al mondo non è un segreto. Pensa che per tutelare questo nostro patrimonio esiste anche una Legge sulla purezza della pasta, che risale a 50 anni fa. Stiamo parlando per l’esattezza della Legge 580/67 che è l’unica normativa al mondo a tutela dei consumatori che, vincolando i produttori a seguire dei parametri di qualità ben precisi, indica le caratteristiche tecniche del prodotto e della materia prima da cui si parte.

Cosa è previsto in questa legge della purezza?

In primo luogo è sancito l’obbligo di produzione esclusivamente con grano duro che per chi non lo sapesse è duro di nome e anche di fatto. I chicchi di grano duro hanno una classica struttura vitrea dalla cui macinazione si ottiene la semola, che è ben più grossolana e spigolosa della farina e non è bianca bensì ha un caratteristico tono di giallo ambrato. 

La caratteristica che rende questo grano perfetto per la produzione di pasta è che la semola mescolata all’acqua crea un impasto molto tenace e molto poco estensibile rispetto a quello che si ottiene con il grano tenero e questo lo rende eccellente per la consistenza della pasta così come la conosciamo noi.

La legge prevede dunque che si debba usare solo ed esclusivamente grano duro, possibilmente di alta qualità ma l’amara verità è che la disponibilità attuale di grano duro non è assolutamente sufficiente a sostenere il fabbisogno di approvvigionamento produttori di pasta italiana.

Si è calcolato che il deficit di materia prima nazionale arrivi al 30/40% del fabbisogno reale dell’industria (a seconda delle stagioni) e la situazione è peggiorata nel tempo perché grazie all’export, siamo passati dal produrre circa 1,4 milioni di tonnellate di pasta negli anni ‘60/’70 ai 3,4 milioni di tonnellate attuali per via dell’enorme richiesta dall’estero.

Se tutti i produttori si volessero attenere alla normativa, di fatto ci sarebbe molta meno disponibilità di pasta e con un prezzo medio enormemente più alto per un discorso di scarsità del bene e questo andrebbe a sconvolgere la nostra vita proprio dalle fondamenta perché la nostra cultura prevede ancora la pasta come protagonista di uno dei due pasti principali (in Italia abbiamo un consumo medio di 26 kg all’anno!).

Di fatto non mi sento di denigrare o colpevolizzare i produttori a prescindere, perché come abbiamo detto il grano duro italiano non è sufficiente a coprire la richiesta dei produttori stessi e quindi quelli che possono promettere una pasta prodotta realmente con il 100% di grano duro di origine italiana sono sempre meno e vanno a ruba.

Farmers hands and wheat crops in the field.

Come mai c’è questa carenza di grano duro in un paese come il nostro che è perfetto per la sua crescita naturale?

Il grano duro usato per la successiva produzione di pasta viene coltivato prevalentemente al Centro-Sud ma il ritmo attuale impone un importazione di circa il 40% di grano dall’estero. 

In un altro articolo approfondiremo poi la situazione del cosiddetto grano tenero usato per la produzione di farine perché anche lì la situazione è molto simile. La produzione di questa varietà è più comune nel Centro-Nord ma i numeri sono addirittura peggiore in questo senso, con l’importazione che arriva anche al 50% del fabbisogno di materia prima per  la successiva produzione di pane, pizza, pasta fresca etc.

Siamo dunque costretti ad importare ma cosa comprano i produttori italiani e quindi cosa mettiamo in tavola ogni giorno? 

Dobbiamo sfatare il mito che tutto il grano importato sia cattivo, perché nei fatti così non è in quanto mediamente il grano estero importato per fare la pasta italiana è in realtà di qualità superiore, grazie ad un contenuto proteico che supera quello autoctono del 10-13% ed infatti viene riconosciuto con un prezzo ben più alto di quello nostrano.

Questo è stato confermato anche dal Crea (ex Inran) che nel corso di un’audizione alla commissione agricoltura ha dato ragione agli agricoltori che sostenevano la buona qualità dei grani esteri importati. È stato infatti certificato che gran parte della produzione media nazionale di grano ha un contenuto proteico capace di soddisfare ampiamente le esigenze qualitative dell’industria di trasformazione.

In pratica i produttori sono costretti ad importare per far fronte alla richiesta e devono pagare il grano estero a prezzo ancora più caro di quello nazionale, quindi chi pensava a produzioni di bassa qualità può dormire sonni tranquilli.

Ovviamente ci sono le eccezioni, ci sono le colture intensive piene di sostanze nocive e lo vedremo la settimana prossima quando ti parlerò di Don, Cadmio e il famoso Glifosato.

Molti esperti sostengono sia inutile dibattere all’infinito sulla differenza tra grano italiano e grano importato, quanto ci si dovrebbe soffermare sulla differenza tra grando di alta e di bassa qualità, indipendentemente dalla provenienza.

Il problema delle micotossine, delle fosfine e degli altri conservanti che sono a norma di legge ma pericolosi per salute riguardano in egual modo sia il grano nostrano che quello importato.

Ci vorrebbe più consapevolezza nell’utilizzare allora metodi di conservazione alternativi che sono ugualmente efficaci ma permettono di non dover ricorrere ai prodotti chimici cancerogeni prodotti dalle grandi aziende farmaceutiche che fanno pressioni sui governi per i loro interessi.

In conclusione allora, cosa dobbiamo comprare per portare in tavola un piatto di pasta che sia buono, genuino e sicuro per la salute?

Abbiamo detto sicuramente che la pasta dev’essere integralmente di grano duro, possibilmente questo grano dev’essere italiano o di provenienza certificata ma la cosa principale è che la materia prima sia stata trattata con rispetto.

Le agricolture biologiche e biodinamiche in tal senso sono una garanzia per il consumatore poiché si può avere la certezza della mancanza dell’intervento della chimica e quindi, per chi vuole gustare un prodotto eccellente, la prima cosa è trovare i brand giusti di cui fidarsi ad occhi chiusi.

Noi di Spaccio Grosso abbiamo selezionato per te alcuni pastifici artigianali che realizzano un prodotto di altissima qualità e ti permetterà di gustare le tue ricette ad un livello superiore, con la serenità di assaporare qualcosa che fa anche bene al tuo corpo.

Il mio consiglio magari è di mangiare un piatto di pasta in meno, ma scegliere sempre e comunque la qualità, così come per qualunque cosa che scegliamo di portare in tavola e condividere con le persone a cui vogliamo bene.

Se vuoi scoprire le selezioni della nostra dispensa non devi fare altro che passare a trovarci in Via Ancona 40 a Roma.

Alla prossima!

Un saluto da Thomas