La settimana scorsa abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza, dimostrando che non è la provenienza del grano duro a fare realmente la differenza ma tutto quello che ci gira intorno ed il trattamento che subisce la materia prima nelle fasi che precedono l’utilizzo nel pastificio.
Chiarito dunque che anche il grano estero è degno di rispetto (anzi ha un contenuto proteico mediamente superiore a quella nazionale), parliamo oggi di tutti quelli che sono i rischi per la nostra salute in caso di scelte poco consapevoli.
Partiamo da un assunto di base: comprare a prezzi bassi significa quasi sempre ricevere in cambio qualità bassa. Vuol dire scendere a compromessi con la propria salute, con madre natura e quindi portare a casa un prodotto che è davvero pericoloso per la salute, soprattutto nel caso della pasta che magari viene assunta con costanza nel corso di anni ed anni.
Si dice sempre che è la dose che fa il veleno e quindi è bene conoscere i dettagli per non incappare in scelte sbagliate che possono davvero compromettere la salute tua e dei tuoi cari.
Uno dei temi caldi, trattati anche spesso in Tv da trasmissioni d’inchiesta come Report, le Iene ed altri è quello del grano destinato alla produzione di pasta contenente glifosato, don, cadmio ed altre sostanze tossiche.
Lo scandalo è esploso a livello globale perché nel 2017 la Commissione Europea ha confermato la legalizzazione dell’uso di questo erbicida, basando la sua scelta sui dati di un dossier prodotto dall’EFSA (l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) che ha dichiarato come il glifosato non sia né cancerogeno, né pericoloso.
Questo però va in contrasto con un altro studio prodotto dalla IARC (l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) e le polemiche sono del tutto giustificate visto che un’inchiesta del The Guardian, noto giornale inglese, ha svelato come il dossier dell’EFSA fosse stato realizzato dalla Monsanto, azienda chimica che insieme alla più famosa Bayer è leader mondiale della produzione di questi fitofarmaci.
Di questi tempi bisogna stare attenti a passare per complottisti ma in questo specifico caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria truffa sulla pelle dei consumatori di tutto il mondo a causa dell’avidità di queste aziende multimilionarie.
Per fortuna in Italia si è andati in una direzione diversa vietandone l’utilizzo ma a questo punto la partita si sposta sul tema dei controlli, perché come abbiamo detto ormai l’import di grando duro come materia prima per la nostra produzione arriva al 40% e siamo sicuri allora che tutto questo grando sia davvero pulito, certificato e controllato?
Il glifosato non è una scoperta recente perché parliamo dell’erbicida più usato di sempre.
Si è calcolato che dagli anni ‘70 ad oggi siano stati prodotti ed utilizzati 8.6 Miliardi di kg di erbicidi a base di glifosato (GBHs). Dal 1996 poi le cose sono andate addirittura peggio, perché il suo utilizzo è aumentato di circa 15 volte con l’introduzione delle coltivazioni geneticamente modificate.
Di certo non è da escludere una correlazione più o meno diretta tra l’enorme aumento dell’incidenza di tumori nel mondo e la diffusione del glifosato ed a seguito di lunghi studi, nel 2015 l’IARC lo ha ufficialmente classificato come “probabile cancerogeno per l’uomo”.
I governi si sono trovati dunque in una situazione scomoda ed il fatto che l’autorizzazione al suo utilizzo sia a tempo determinato (5 anni a partire dal 2017) fa capire che si è presa una scelta mentre in realtà si sta ancora cercando di fare chiarezza sui rischi concreti per la salute dei cittadini.
GLI STUDI INDIPENDENTI CHE SMENTISCONO LE NORMATIVE UE.
Ci sono stati tanti altri studi indipendenti sull’argomento, uno dei più autorevoli è quello dell’Istituto Ramazzini che ha lavorato per fornire agli enti regolatori, ai governi ed anche ai singoli cittadini che volevano informarsi in maniera approfondita la risposta alla domanda che tutti ci poniamo: “Il glifosato è sicuro per la salute in base all’esposizione praticamente quotidiana cui siamo sottoposti?”
I risultati non sono incoraggianti ed hanno dimostrato che anche alle dosi di consumo attuali che la UE reputa sicure, in realtà il glifosato (GBHs) può alterare in maniera significativa una serie di parametri biologici legati allo sviluppo sessuale ed al microbioma intestinale.
Ho studiato e riportato i commenti di alcuni scienziati a riguardo e non voglio annoiarti, ma tantissimi luminari sono concordi nell’affermare che il Glifosato ed il meno noto Deossinivalenolo (DON), sono micotossine ritrovate in maniera ricorrente come contaminanti nel frumento destinato alla produzione di pasta.
Ci sono stati studi per il monitoraggio dei livelli di GBHs e Don già nel 2006-2008, ben prima dello scandalo UE che prese come soggetto oltre un migliaio di aziende agricole e centri di stoccaggio.
Secondo lo studio si è riscontrato un diverso livello di accumulo di DON nelle colture man mano che si procedeva dalle zone del Nord verso quelle del Sud; tanto che nel grano colto a Sud i valori di DON furono definitivi “pressoché trascurabili”.
Questo dimostra quindi che la provenienza fa enorme differenza nel rischio di contaminazione perché è la stessa zona di produzione ad influenzare la necessità o meno di ricorrere a determinate sostanze.
Ad esempio nella fredda pianura padana così come avviene poi nei territori del Canada o dell’Ucraina, hanno maggiori rese produttive perché ricorrono a questi aiutini, mentre il Sud con il suo clima mediterraneo secco e mite favorisce la naturale adattabilità delle graminacee, con una resa di quantità inferiore ma impareggiabile per qualità e quindi sicurezza proprio dal punto di vista della salute.
Questo è il principale motivo per scegliere e preferire sempre un prodotto proveniente da materia prima italiana e specificamente del Sud.
LA NUOVA LEGGE DEL 2018 A TUTELA DEI CONSUMATORI.
In favore dei consumatori in questo senso è arrivata nel 2018 la legge che ha finalmente sancito per pasta e riso l’obbligo per i produttori di indicare la provenienza della materia prima, quindi occhio alle etichette, perché non basta più la lista degli ingredienti ma si deve indicare chiaramente il paesi di origine in caso di utilizzo di grani importati.
Un po’ come per l’olio di palma, da allora c’è stata la corsa tra i principali produttori a prendere le distanze dal grano estero e questo in teoria è un bene per il mercato interno e l’agricoltura nazionale ma nella pratica abbiamo già detto che la produzione italiana non è sufficiente a soddisfare l’enorme richiesta del settore.
Attenti dunque alle scelte di tutti i giorni, perché mentre pochi virtuosi cercano di tutelare la pasta come patrimonio culturale, la maggior parte dei produttori sono stati coinvolti in scandali di vario tipo, perché hanno puntato su grani esteri di basso costo e di bassissima qualità da mescolare a quelli nostrani.
Questo ha riguardato soprattutto il grano o meglio la granella canadese che è notoriamente trattata con il glifosato con la tecnica pre-harvest, la quale prevede un uso intensivo nei 15 giorni precedenti il raccolto per dare un’accelerazione al processo di maturazione.
Il problema però non è solo questo, perché un grano così trattato è molto più predisposto alla formazione di muffe durante la fase di stoccaggio e quindi dopo i lunghi viaggi (prevalentemente in nave) quello che le aziende vanno a trattare nei loro stabilimenti e un prodotto davvero scadente su tutti i fronti e magari spacciato per italiano solo perché viene effettivamente finito qui da noi.
È facile capire che la situazione non è del tutto chiare e ogni consumatore deve superare un labirinto di ostacoli se vuole mettere in tavola un prodotto realmente valido, buono, genuino e sicuro per la salute.
L’idea di Spaccio Grosso è proprio questo, essere promotori di vino buono e cibo naturale, selezionando per te i migliori produttori, soprattutto le piccole realtà locali, capaci ancora di regalarci pasta, formaggi, vino, salumi e quant’altro di qualità alta.
Produzioni spesso limitate a pochi pezzi che sono la gioia degli occhi e del palato per chi vuole concedersi le cose buone così come quelle di un tempo.
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Un saluto da Thomas.