Nuovo appuntamento qui sul blog di SpaccioGrosso.it e nuovo spiegone tecnico per andare a parlare oggi di un altro elemento molto dibattuto in tema di vino.
Mi riferisco ai solfiti, sostanze naturali che possono però essere usate in determinate quantità come additivi ed è proprio la loro provenienza e l’utilizzo che se ne fa che definisce le qualità del vino stesso.
Innanzitutto partiamo dalla definizione: cosa sono i solfiti?
I solfiti non sono altro che anidride solforosa (SO2), una sostanza a base di zolfo che viene utilizzata come conservante per le sue capacità antisettica e antiossidante.
Principalmente i solfiti vengono aggiunti al vino allo stadio solido, sotto forma di sale e possono essere aggiunti in vari momenti durante il processo di vinificazione per motivi tecnici diversi ma riconducibili allo stesso scopo di base, ovvero gestire la maturazione del vino, fungendo da conservante, ed evitare così che possa sviluppare dei difetti che ne alterano gusto, colore, profumo etc.
I solfiti non sono gli unici additivi utilizzati in enologia: nelle bottiglie che non seguono le regole della vinificazione naturale possiamo ritrovare lieviti di vario tipo, enzimi, acidi stabilizzatori, tannini enologici, albumina, colla di pesce, caseine.
Insomma per quanto il vino appaia ancora oggi come una bevanda naturale, nella pratica la lista di ingredienti può essere anche abbastanza lunga; anche se non se troverà alcuna traccia in quanto ad oggi non vi è alcun obbligo di riportare in etichetta null’altro che la presenza di solfiti.
In sintesi è sufficiente la dicitura “vino senza solfiti” per catalogare un prodotto come naturale?
Assolutamente no, poiché l’enologia che lavora su scala intensiva/industriale ha già sostituito l’anidride solforosa con altre sostanze altrettanto valide per gli scopi di gestione del vino. Tali sostanze, allo stesso modo delle precedenti, non hanno obbligo di menzione in etichetta.
Cosa significa vino senza solfiti aggiunti?
Iniziamo col dire che il vino sviluppa naturalmente una piccola quota di solfiti al suo interno, si tratta proprio di un prodotto del processo di vinificazione quindi di fatto non esiste un vino senza solfiti al 100%.
In Europa sono stati fissati dei limiti massimi per le quantità di solfiti e sono:
- 160 mg/litro per i rossi,
- 210 mg/litro per bianchi e rosati
- 400 mg/litro per i dolci.
I produttori biologici utilizzano riferimenti più contenuti e siamo sui 100 mg/litro per i rossi, 150 mg/litro per i bianchi.
I vini biodinamici risultano essere quelli più naturali in assoluto, con limiti fissati a 70mg/lt per i rossi, 90 per i bianchi e 60 per i frizzanti.
In etichetta troveremo solitamente allora la dicitura generica “contiene solfiti”, mentre nelle produzioni più naturali potremmo leggere “non contiene solfiti aggiunti”, quando il processo non prevede nessuna aggiunta alla quota di solfiti naturali del vino stesso (che si aggira intorno ai 10 mg/litro).
La cosa curiosa è che vista la produzione naturale di anidride solforosa, può capitare che anche un vino naturale nel quale non è stato aggiunto nessun tipo di additivo né tantomeno i solfiti, abbia una concentrazione superiore ai 10 mg/l quindi il produttore è costretto per legge ad esporre la dicitura “contiene solfiti”.
Proviamo a metterla giù semplice allora: minore è il quantitativo di solfiti nella tua bottiglia, più il prodotto che stai bevendo è naturale, vero e come ulteriore plus, darà meno postumi e mal di testa il giorno seguente.
Il motivo per cui l’anidride solforosa è l’unico additivo che va obbligatoriamente indicato in etichetta è che, oltre ad essere un conservante, è anche un allergene per parecchie persone.
Ovviamente come in tanti casi è la dose che fa il veleno, quindi non sarà di certo un calice di vino a causare chissà quali problemi, ma è possibile (anche se non scientificamente provato) che il classico mal di testa dopo una bevuta importante, può essere dovuto anche alla presenza di eccessiva SO2 nella bevanda.
A tal proposito riporto il dato dell’OMS che consiglia di non assumere quantità superiori a 0,7 mg di SO2 al giorno per ogni chilo di peso corporeo.
Ad esempio facendo un calcolo rapido, secondo queste indicazioni una persona di 80 kg può assumere al massimo 56 mg di SO2, quindi a meno di bere un vino senza solfiti aggiunti, con una sola bottiglia siamo già oltre le quantità consentite.
Le innovazioni e il ritorno al vino naturale.
L’interesse più o meno recente verso il vino naturale ha riportato in auge questioni di ogni tipo, anche sulle tecniche di produzione di cui i solfiti sono parte integrante.
Dicevamo che una delle discriminanti principali tra il vino “intensivo” e quello che possiamo considerare “naturale” è proprio la quantità di solforosa utilizzata ed ammessa.
È bene sapere allora che esistono varie aziende che hanno puntato tutto proprio sulla lavorazione senza solfiti aggiunti e su un approccio naturale alla vinificazione a 360°, che permette a tutto il processo di svolgersi in maniera tale da rendere superfluo l’utilizzo di additivi.
Ti è piaciuta questa breve lezione sul ruolo dei solfiti nel vino?
C’è ancora tanto di cui parlare, il vino è un argomento sconfinato che mi appassiona e di cui ho fatto il mio mestiere, quindi se hai voglia di assaggiare la selezione che ho scelto per la nostra cantina, devi solo venire qui nel nostro Spaccio Grosso in Via Ancora 40 a Roma e scoprirai un intero mondo di sapori.
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Insieme a Bianca ti accoglierò per farti gustare i nostri abbinamenti migliori e scoprirai un nuovo modo di intendere l’amore per il vino e la buona tavola.
A presto, Thomas.