Da qualche tempo a questa parte il mondo del vino ha aggiunto una nuova tonalità alla sua palette.
Tutti conoscono i rossi, i bianchi ed i rosè ma adesso tanti winelovers hanno scoperto i vini macerati, o anche detti orange wines.
Di cosa si tratta? Da dove saltano fuori e cosa li rende così particolari?
DA DOVE PROVIENE IL TIPICO COLORE DEI VINI ARANCIONI?
Inutile sottolineare che in natura non esistono uve arancioni, vero? Quindi da dove salta fuori il tipico tono di colore che caratterizza gli orange wine?
Ti dico subito che se pensavi si trattasse di qualche particolare colorante sei completamente fuori strada, perché le uve da cui si ricavano i vini arancioni sono esclusivamente quelle a bacca bianca come Chardonnay, Ribolla, Malvasia o Trebbiano.
Il segreto per ottenere questa colorazione così particolare è nascosto nel processo di vinificazione che è assolutamente naturale ed ha una tradizione molto antica alle sue spalle.
Il trucco, lasciami passare il termine, che permette a questi vini bianchi di trasformarsi in “arancioni” è una particolare tecnica che prevede una lunga macerazione sulle bucce (metodo utilizzato tipicamente per la produzione di vini rossi), per un periodo che va da pochi giorni fino addirittura ad alcuni mesi! Questo gli permette di raggiungere tonalità particolari perché è proprio nella buccia che risiede la sostanza che dà colore e complessità al vino.
Dal punto di vista chimico sappiamo infatti che le bucce ed i semi degli acini hanno grandi concentrazioni di antociani, ovvero un potente colorante idrosolubile naturale, per intenderci quello presente anche nelle arance rosse di Sicilia e che dà loro quel tipico colore rubino.
La macerazione prolungata permette a questi antociani di essere rilasciato lentamente, fino a conferire la tonalità desiderata dal produttore.
Quindi gli orange wines non sono altro che dei vini bianchi con una tinta diversa?
La risposta è no, sarebbe troppo facile quindi lascia che ti spieghi meglio.
Il prodotto che viene fuori dalla lavorazione di un vino arancione è infatti qualcosa di completamente differente dal bianco che si otterrebbe con le stesse uve di partenza, ad esempio infatti al termine della fase di affinamento (che avviene in anfore di terracotta o in botti di legno) il vino non viene filtrato, per restare quanto più naturale possibile.
Credimi, basta un singolo assaggio per capire e scoprire che il vino arancione è proprio diverso.
Un sapore ibrido che non è uguale a nessun altro, perché pur venendo da uve bianche, perde quella classica freschezza mentre dall’altro lato assume parecchia struttura in più, grazie anche a quantità di tannini elevate che si sviluppano, come nei rossi più corposi.
Gli orange wines rientrano in qualche modo anche nella categoria dei vini naturali, perché secondo la tradizione la fermentazione dovrebbe avvenire esclusivamente con lieviti indigeni e senza controllo di temperatura nel tentativo di conservare il più possibile la sua “spontaneità” e naturalezza.
Gli orange wine sono solo una moda passeggera?
Anche in questo caso la risposta è no.
La cultura alla base degli orange wine non è affatto recente e non si tratta di una “moda” come qualcuno l’ha etichettata troppo frettolosamente, perché la base da cui nasce questa particolare tecnica di vinificazione parte da molto lontano.
Difatti ritroviamo riferimenti a questo tipo di vinificazione già migliaia di anni fa, nella zona di quella che corrisponde oggi al territorio della Georgia, la culla del vino affacciata sul mar Nero, dove ci sono stati ritrovamenti di grandi anfore di terracotta che venivano usate per lasciar macerare il vino.
Non si tratta quindi di una semplice moda e anzi siamo di fronte ad un tipo di prodotto molto particolare e di nicchia che però solo di recente sta avendo l’attenzione mediatica meritata.
Dal punto di vista produttivo ci sono importanti centri in tutta Europa (principalmente nei della Croazia, Francia, Spagna e Slovenia) ma anche in Italia dove il Friuli fa da capofila in questo senso perché i vitigni autoctoni della zona (si vedano Ribolla Gialla, Malvasia Istriana, Friulano) si prestano particolarmente bene a questo metodo di produzione.
Dal punto di vista gustativo e visivo gli orange wines ampliano l’orizzonte, con nuovi sapori e nuovi colori che vanno dall’arancio fino al bronzo, ritagliandosi un pubblico di appassionati totalmente differente e in forte crescita.
Il futuro che guarda al passato.
Stabilito che i vini arancioni sono sempre esistiti e che non sono stati scoperti oggi come molti possono pensare, la buona notizia è che tanti piccoli e grandi produttori indipendenti hanno ripreso in mano l’antica tradizione georgiana ed hanno riportato in auge questo “nuovo” modo di vinificare in bianco.
Qualcuno insiste a chiamarli semplicemente “bianchi macerati” ma la sostanza non cambia, perché al netto della definizione e dell’etichetta che si decide di appiccicarci su, siamo di fronte a qualcosa che esula dagli schemi classici e che va affrontato con la giusta apertura mentale.
Dal punto di vista commerciale infatti in Italia questo tipo di prodotti è ancora poco richiesto dalla massa mentre ad esempio in Giappone – chi l’avrebbe mai detto – gli orange wines vanno fortissimo perché uno degli abbinamenti più indicati è quello con il sushi.
Sei curioso di assaggiare un vero macerato della tradizione?
Non devi fare altro che venire qui in Via Ancora 40 a Roma da Spaccio Grosso.
Troverai tante proposte per soddisfare la tua curiosità e sarò felice di guidarti nella scoperta di questi nuovi gusti.
Parola di Thomas